NonUnaDiMeno contro la guerra e il riarmo

Pubblichiamo l’articolo delle compagne di NOnUnaDiMeno Savona:
A pochi giorni dallo sciopero dell’8 Marzo che ci ha visto protagoniste nelle piazze, abbiamo assistito
all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e a un rischio di escalation, che ci chiama a ribadire con
ancora più forza come sia necessario lottare collettivamente per rovesciare questa società neoliberista,
patriarcale e razzista.
Dire no ai conflitti militari con una lettura femminista e transfemminista è riconoscere che sono il frutto di
una violenza imperialista e di Stato ed espressione di rapporti di dominio, che impongono conseguenze
pesantissime alle popolazioni coinvolte con differenze determinate dalle gerarchie sessiste, classiste e
razziste.
Rifiutiamo la censura e la narrazione eccezionalista, atlantista ed eurocentrica di questa guerra da parte dei
media e delle forze politiche, che sminuisce gli altri scenari bellici mondiali e al tempo stesso nasconde le
radici di questo conflitto e le violenze che dal 2014 si consumano nelle regioni del Donbass, e che ci
vorrebbe schierat* da una parte o dall’altra delle due potenze mondiali in competizione per affermare il
proprio potere.
Non accettiamo di stare con Putin che usa la violenza di stato e il nazionalismo con le parole d’ordine di
casa, patria e famiglia, per rinsaldare quel contrattacco patriarcale che abbiamo contrastato durante la
pandemia. Non accetteremo mai di stare con la NATO che ancora una volta si nasconde dietro a presunti
valori democratici per giustificare una nuova corsa agli armamenti e nuove sanzioni, che di certo non
colpiranno né Putin né gli oligarchi russi, ma che stanno già colpendo la popolazione civile. Non
accetteremo mai di schierarci a fianco di chi, anche in Ucraina, utilizza il nazionalismo come strumento di
costruzione identitaria e di oppressione e discriminazione. Non accettiamo quanto sta facendo il nostro
Governo, che invia armi a un Paese in conflitto alimentando l’escalation militare, e pensiamo che oggi più
che mai debba essere messa in discussione la sudditanza alla Nato, visti gli evidenti effetti devastanti di un
vero e proprio colonialismo militare sui nostri territori.
Le conseguenze saranno gravi anche in Europa e acuiranno una nuova pesantissima crisi economica globale
sulla crisi innescata dalla pandemia e a pagare saranno i poveri, le donne, chi rifiuta i ruoli di genere, le
persone migranti bloccate ai tanti confini, usate come armi in una guerra vecchia come il mondo eppure
sempre nuova.
Dietro questi schieramenti vediamo il tentativo di tutte le parti di ristrutturare con la forza un ordine che
continua ad essere violento, e di affermare il controllo su territori e risorse strategiche, come l’Ucraina,
riconfermando la centralità che le politiche estrattiviste continuano ad avere anche nella “transizione verde”.
La guerra russo-ucraina sta azzerando il già problematico progetto di rilancio economico europeo, avviato
con NextGeneration Eu e con il PNRR. E l’emergenza climatica, ormai conclamata, scala di nuovo
nell’ordine delle priorità: l’approvvigionamento energetico impone il ritorno al carbone, alle fonti fossili e al
nucleare per garantire continuità allo sviluppo capitalistico, anche se tutto questo è palesemente
incompatibile con la vita del pianeta. L’Italia intanto, sull’onda di una mozione guerrafondaia e dalle
conseguenze sociali devastanti, torna in stato di emergenza per consentire a un governo senza opposizione
di agire con le mani libere per contenere i danni sulla macchina produttiva.
Ci opponiamo all’uso della forza militare, diretta e indiretta, da parte dell’UE per la risoluzione di questo
conflitto, perché sappiamo che questi interventi non hanno mai portato pace, ma solo altre violenze e
devastazioni: lo abbiamo visto in Siria, in Afghanistan, in Iraq, in Libia. Il riarmo dei Paesi dell’Unione
Europea segna una nuova fase politica di fronte alla quale non possiamo rimanere in silenzio. Ci opponiamo
all’aumento delle spese belliche che tolgono finanziamenti e risorse al welfare, all’istruzione, al sistema

sanitario e a tutti quei settori che sono usciti distrutti da questi anni di pandemia. Siamo con tuttx quellx che
non si riconoscono e si oppongono alle alleanze belliche. Ci opponiamo con forza alla logica di
un’accoglienza diversificata per i profughi, che respinge o accetta in base al colore della pelle e alla
nazionalità di provenienza.
Respingiamo la rappresentazione interventista e iper semplificata che stanno facendo televisioni e giornali e
che diventa ogni giorno più propaganda di guerra (nonostante la pandemia ancora in corso), forzando
l’opinione pubblica a schierarsi pro o contro le parti in causa. Questo riduce l’agibilità di chi si pone contro
questa guerra riconoscendo la complessità del quadro, e sta portando al tentativo di annientamento e censura
di tutto ciò che è riconducibile alla Russia.
Ci opponiamo inoltre all’uso di categorie patologiche per spiegare quanto è in corso in Ucraina. Così come
la violenza di genere non origina da improvvisi raptus ma da un sistema patriarcale che l’alimenta, la guerra
non può essere ricondotta a disturbi psichiatrici di un singolo (capo di Stato), ma necessariamente riportata
alla sua dimensione di scontro tra interessi e sistemi di potere.
Siamo dalla parte delle donne e persone LGBTQIA+ che sono più esposte a violenza e stupri mentre sono
costrette a reggere un tessuto sociale e un welfare già in crisi dopo la pandemia e il cui peso ricade ancor più
su di loro durante un conflitto. Siamo dalla parte di bambin*, anzian* e tutt* coloro che subiscono la guerra.
Siamo con l* migranti, perché la libertà di movimento è l’espressione del rifiuto alla violenza, ancor più
quando si fugge da territori di guerra. Sappiamo che l’UE, che oggi vuole accogliere i profughi Ucraini, è la
stessa che ieri faceva morire i migranti ai confini della Polonia e sulla rotta balcanica e che continua a
portare avanti politiche razziste chiudendo i confini a molti migranti.
Siamo con le sorellə ucrainə in Italia. La comunità Ucraina in Italia comprende 248.000 persone, l’80%
delle quali sono donne. Moltissime di queste lavorano in nero, in condizioni di emarginazione e
sfruttamento, quelle stesse che oggi rendono difficile produrre i documenti necessari per poter accogliere le
persone a loro care in fuga dalla guerra.
Siamo con le femministe russe e con tutt* coloro che in Russia si stanno ribellando al governo autoritario di
Putin, sfidando la repressione più dura, e con tutt* coloro che vengono arrestat* perché protestano contro
questa manifestazione estrema della violenza.
Siamo con chi in tutto il mondo resiste e si organizza per ribaltare queste condizioni e per immaginare e
costruire altri modi di vivere e altri futuri.
“Siamo l’opposizione alla guerra, al patriarcato, all’autoritarismo e al militarismo. Siamo il futuro che
prevarrà” (dal manifesto delle femministe russe).
e-mail: nudm.savona@gmail.com
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